Ford, GM, Toyota e SAE insieme per portare le migliori pratiche della sicurezza nella guida autonoma
Il consorzio AVSC risponde allo stallo della legislazione federale americana sui veicoli a guida autonoma proponendo standard che facciano da piattaforma a una futura normativa condivisa
Oggi SAE International ha annunciato che insieme a Ford, General Motors e Toyota darà vita ad un nuovo consorzio focalizzato sulla sicurezza dei veicoli autonomi. Una nota diffusa precisa che l’AVSC (Automated Vehicle Safety Consortium) lavorerà per “far progredire in modo sicuro i test, lo sviluppo pre-competitivo e l’entrata in servizio di veicoli autonomi di Livello SAE 4 e 5“.
La SAE International ha da tempo definito sei Livelli di guida automatica (accettati ma non unanimemente). Partono dallo 0 che corrisponde all’automobile vecchia maniera ai più elevati: appunto 4 e 5. Quest’ultimo si riferisce al traguardo ancora distante di veicoli in grado di guidare in ogni condizione climatica, geografica e di traffico.
“Ci rendiamo conto che i veicoli autonomi hanno bisogno di operare con sicurezza ed affidabilità di concerto con l’infrastruttura e gli altri utenti della strada per guadagnarsi la fiducia delle comunità nei quali operano“, ha commentato nella nota Randy Visintainer, il chief technology officer di Ford Autonomous Vehicles, la divisione nata dopo l’acquisizione della società di sviluppo dei veicoli autonomi Argo AI. “Il nostro obiettivo col consorzio è lavorare coi partner del settore e del governo per dare impulso allo sviluppo di standard che possano portare a legiferare“.
Il neo-direttore del consorzio AVSC, Edward Straub, ha detto che riuscire ad accompagnare il progresso verso veicoli autonomi di Livello SAE 4 e 5 rappresenta “un altro emozionante capitolo nella realizzazione della mobilità autonoma e dei benefici che questo porterà per la gente in tutto il mondo. Per arrivare a questi benefici, la collaborazione nel settore, la coesione e la flessibilità di fondere idee nuove con protocolli di sicurezza sperimentati sono fondamentali“.
Se il potenziale dei veicoli a guida automatica più o meno avanzata ha attratto molto interesse, ricerca e investimenti, alle questioni riguardanti la sicurezza non sono mai state fornite risposte del tutto convincenti. Anche perché non tutte le società che sono impegnate a sviluppare sistemi hanno lo stesso approccio: in particolare Ford e Toyota sono state tra le più esplicite, insieme a Volvo Cars, nel sottolineare come questo debba essere un settore nel quale non si può avere fretta.
Una fretta che a marzo 2018 in Arizona ha portato al primo pedone investito da una vettura impegnata in test di sviluppo su strade aperte al pubblico per conto di Uber. Da allora la società del ride hailing ha ridimensionato il progetto, mentre sono stati fatti sforzi, come quelli dell’associazione americana PAVE, per diffondere tramite conferenze e campagne informative una corretta consapevolezza su quello che la guida autonoma comporta.
Ma non tutti i player hanno aderito a PAVE o a iniziative analoghe. Così periodicamente si assiste a richieste e istanze di mettere paletti alla guida autonoma, a cominciare dalla terminologia. Poche settimane fa un libro bianco della società di consulenza Frost & Sullivan ha chiesto provvedimenti per chiarificare e standardizzare l’uso e il marketing dei sistemi attuali.
Autopilot o ProPilot sono denominazioni commerciali che, come molti hanno sottolineato, rischiano di generare negli automobilisti eccessi di confidenza nelle capacità di sensori e computer di bordo. Un sondaggio della compagnia assicurativa AAA ha riferito l’anno scorso che circa il 40% degli automobilisti americani ritenevano che nomi simili indicassero dispositivi in grado di guidare il veicolo.
Frost & Sullivan si è spinta così fino a suggerire di eliminare dalla classificazione SAE il Livello 3 (in cui il guidatore può essere chiamato rapidamente a riprendere il controllo quando il computer non è più in grado di mantenerlo) sostituendolo con un ipotetico “Livello 2+” meglio in grado di rivelare anche nel nome che gli attuali supporti alla guida possono essere solo ottimi ADAS, più che onniscienti computer con le ruote.
Il nuovo consorzio, che sarà aperto a chiunque vorrà partecipare, prevede trasparenza sulle esperienze messe in comune. Le case auto o della tecnologia riporteranno informazioni e dati alla SAE ogni trimestre/semestre; un apposito panel SAE valuterà e discuterà in modo pubblico i risultatiper definire linee guida da aggiornare man mano ulteriori informazioni saranno rese disponibili.
SAE e i gruppi auto sembrano con il consorzio AVSC voler forzare la mano rispetto alla recente incapacità di Washington di definire una legislazione stabile in grado di mettere un timbro di conformità con il crisma di legalità nazionale a decine di auto a guida più o meno autonoma. Di certezze normative e di standard riconosciuti non si potrà fare a meno per passare dalle fasi di test al momento dei servizi di mobilità commerciali.
Senza un riscontro del Congresso e del legislatore, il timore è che un “liberi tutti” nello sviluppare i sistemi finisca per riproporre il verificarsi di altri epiloghi come quello fatale di Tempe, un episodio che per lo sviluppo dei futuri robotaxi è stato una brusca frenata.
Commentando l’annuncio su sollecitazione del quotidiano Detroit News, l’analista di Autotrader Michelle Krebs ha detto: “GM, Ford e Toyota hanno visto chiaramente l’esigenza di fissare standard che possano in seguito diventare regole, perché le normative proposte, che si erano messe rapidamente in moto, ormai sono a un punto morto“.