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Primo giorno di incentivi: gli ecobonus non arriveranno all’estate (ma le ecotasse sì)

Primo giorno di scuola per ecobonus ed ecotassa, tra incertezze, dubbi, mancanza di chiarezza normativa: la speranza è che il piano di incentivi non faccia più male che bene all’auto elettrica

Da questa mattina chi valica la soglia di un autosalone italiano sa che potrà contare su un bonus se acquisterà un veicolo a basse emissioni (sotto ai 70 g/km di CO2) e che dovrà spendere di più scegliendo un veicolo che supera il limite di 161 g/km emessi; questa è una delle poche certezze ad oggi.

Ecobonus ed ecotasse però come è noto non saranno simmetriche: ovvero stante la dotazione disponibile di €60 milioni, si prevede che occorra sbrigarsi per richiedere il contributo prima che questo si esaurisca.

Allo stato attuale è possibile che a fine primavera il fondo 2019 sia già esaurito, a meno che si creino colli di bottiglia nell’offerta messa a disposizione dalle case auto (modelli di “piccole” elettriche come Volkswagen e-up! e Citroën e-Mehari sono appena usciti dai listini, mentre i SUV elettrici premium in arrivo esulano dalla platea che accederà ai sussidi).

Di certo l’ecotassa continuerà invece ad aspettare al varco i clienti fino al 31 dicembre 2019. Per l’anno prossimo e quel 2021 in cui le misure andranno a scadere gli interessati a veicoli a basse emissioni potranno contare su altre dotazioni di bonus: €70 milioni per ciascun anno.

Come spesso accade in Italia l’introduzione delle nuove misure, che richiedono decreti attuativi correlati, non è stata fluida. Il provvedimento della legge di Bilancio ha indotto ieri le associazioni dei gruppi auto ed addetti commerciali di settore ANFIA, Federauto ed UNRAE ad esprimere forti preoccupazioni per i ritardi nel chiarire procedure e modalità operative. Lo stesso ha fatto per il settore due ruote l’ANCMA.

In effetti nelle prime ore della mattina dell’ultimo giorno di febbraio era stato reso noto dall’Agenzia delle Entrate solo il codice tributo da utilizzare per il pagamento dell’imposta da parte del cliente con il tradizionale modulo F24. Dopo qualche ora è stata promessa l’attivazione alle 12.00 del 1 marzo del sito dedicato ai contributi sui veicoli a basse emissioni, effettivamente in linea oggi.

Per ora potranno registrarsi i concessionari, in seguito (dopo specifica comunicazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico) si aprirà la fase in cui si potranno inserire gli ordini e prenotare gli incentivi. Dalla prenotazione ci saranno poi fino a 180 giorni di tempo per la consegna del veicolo. Un gap che fa ritenere che visite alla concessionarie e trattative a parte i veri contratti di auto elettriche ed ibride si sposteranno inevitabilmente verso la fine del mese.

AUTO21 ha suggerito molti mesi fa come, in presenza di risorse scarse disponibili, non sia così fondamentale partire dall’auto per incentivare l’acquisto di veicoli a basse emissioni. Certo, è facilitato il compito di quei governi che hanno nei propri bilanci lo spazio per investire più risorse nella creazione di una nuova filiera di veicoli sostenibili, come ha fatto proprio oggi il governo indiano che sosterrà con l’equivalente di oltre €1,2 miliardi in tre anni la mobilità elettrica.

Dove giocoforza occorre fare delle scelte, come nel nostro caso, quelle scarse risorse le avremmo puntate sulle due ruote (che avranno per fortuna i loro bonus fino al 30% del prezzo di acquisto col tetto di €3.000, ma senza garanzie che la misura sia in vigore nel prossimo biennio) e caso mai anche sul rinnovamento con modelli sostenibili degli autobus del trasporto pubblico locale.

L’esecutivo giallo-verde ha invece deciso, per rispondere ad una delle istanze recepite dal contratto di governo, di appoggiare una soluzione spuria che appare quasi studiata ad arte per scontentare tutti.

I €6.000 (€4.000 senza rottamazione) per le auto elettriche sotto i 20 g/km di CO2 o i €2.500 (€1.500 senza rottamazione) per le ibride plug-in e convenzionali della fascia 21-70 g/km saranno solo un piccolo aiuto ad un mercato che comunque non avrebbe ancora l’assetto produttivo per rispondere ad una domanda di massa di elettriche.

Nemmeno il logicamente accettabile principio del “chi emette di più paga di più” che piacerebbe ai più entusiasti ambientalisti è stato incontrovertibilmente formalizzato come valore di riferimento dalla attuale normativa.

Le quattro fasce di applicazione delle ecotasse, da un minimo di 1.100 ad un massimo di 2.500 oltre i 250 g/km, sono state rimaneggiate per non penalizzare troppo alcune utilitarie nazionali e alla fine adesso non sono rari i casi di modelli diesel (i più bersagliati dalle restrizioni urbane che guardano più alle emissioni di particolato e NOx che alla CO2) che pagano talora meno di modelli benzina.

A cominciare dai nomi scelti di ecobonus ed ecotassa, la campagna di incentivazione e penalizzazione partita oggi sembra avere il potenziale per generare un effetto boomerang verso quelli che invece sono temi fondamentali della nuova mobilità, creando antipatia e fastidio verso la gamma di auto elettriche ed elettrificate che i gruppi auto stanno sempre più sviluppando.

I due mercati dell’auto in cui le auto elettriche hanno avuto più successo, Norvegia e Cina, per quanto lontani come dimensioni e quantità hanno qualcosa in comune e da insegnare a chi abbia voglia di imparare come creare consenso attorno alla mobilità sostenibile.

In entrambi i casi per la clientela la diffusione dell’auto elettrica o elettrificata ha rappresentato la soluzione di problemi (ad esempio scavalcando la difficoltà ad avere una targa nelle metropoli cinesi in cui l’assegnazione viene affidata ad una lotteria) o la diminuzione delle tasse (la Norvegia ha annullato le esose tasse di proprietà, nel caso delle immatricolazioni di auto elettriche). L’approccio dell’attuale operazione incentivi in Italia non pare proprio nascere con gli stessi presupposti.


 Credito foto di apertura: ufficio stampa Citröen Italia