Tra EQ ed IQ: il “Quoziente Ibrido” passa in prima fila nella strategia Daimler
Per Mercedes-Benz la gamma ibrida plug-in già in espansione quest’anno è destinata a salire fino a venti modelli con il badge EQ Power nel 2020: non a caso l’anno dei super-crediti…
Ci saranno sempre più modelli con la stella a tre punte con a bordo pacchi batteria ad alto voltaggio. Fin qui niente di particolarmente sorprendente. Quello che invece è un aspetto nuovo e che si sta palesando nella strategia della marca Daimler è che la gamma EQ, che avrà come punta di lancia il SUV elettrico EQC che vedremo tra poco anche nelle concessionarie italiane, conterà sempre di più sulla percentuale di modelli EQ con la I maiuscola: ovvero modelli Ibridi ricaricabili.
In una recente intervista al quotidiano finanziario Handelsblatt, il manager Mercedes-Benz Jochen Hermann ha voluto sottolineare come nel periodo più immediato e almeno fino a metà della prossima decade la mobilità del futuro abbia le caratteristiche di uno sviluppo a più corsie.
Così, accanto alla conferma che entro il 2022 usciranno dieci nuovi modelli full electric col nuovo brand EQ, Hermann alla testata economica non ha mancato di specificare: “Le auto con motori convenzionali sono ancora lontane dall’essere modelli che andranno in archivio“.
Peraltro stanno per diventare una rarità modelli di Stoccarda coi soli motori a combustione termica: già entro fine 2019 altri dieci modelli della gamma Mercedes-Benz avranno tra le opzioni una variante ibrida plug-in. E il numero di opzioni che porteranno il badge EQ Power salirà a venti entro la fine del 2020: un anno destinato ad essere determinante, per ragioni a cui arriveremo tra poche righe. Tra i primi modelli sui quali l’opzione ibrida ricaricabile entrerà in listino, oltre alle GLC, la nuova generazione Mercedes-Benz GLE.
Le versioni più recenti della flotta di veicoli ibridi ricaricabili Mercedes-Benz si appoggeranno a batterie con capacità di 13,5 kWh per spingere motori da 90 kW con coppia di 440 Nm: ingredienti che portano ad autonomia fino a 50 chilometri e velocità massima in modalità elettrica di 130 km/h. Ma il gruppo Daimler punta a spingere rapidamente l’autonomia fino a 80 chilometri.
Una dote che, per usi nei centri storici e nei periodi di esclusione delle auto tradizionali per picchi di inquinamento, potrebbe contribuire a far dimenticare alla clientela in generale ed ai pendolari-tipo in particolare il sovrapprezzo dei modelli ibridi plug-in rispetto a quelli convenzionali, sostenendo il percorso del gruppo tedesco verso il traguardo collocato nel 2025 di un 40% di quota di vendite di auto con a bordo batterie coi cavi arancioni.
Un obiettivo che, partendo dai dati attuali, si tradurrebbe in circa 370.000 veicoli puri elettrici, ibridi plug-in e mild hybrid: insomma un apparente avvicinamento alla strategia della rivale (ma ultimamente diventata partner in alcune aree della mobilità) BMW.
La casa bavarese si è posta come noto un calendario tutt’altro che frenetico per l’uscita della prossima generazione full electric basata sulla iNext, collocata nel 2021. Ma ha una gamma fortemente spostata sulle varianti ibride plug-in, gradite su molti mercati incluso Stati Uniti e Cina e che sono state il pilastro delle 140.000 auto elettrificate, Mini incluse, vendute nel 2018.
Sono alcuni mesi che oltre il Brennero gli addetti ai lavori, da accademici come il professor Ferdinand Dudenhöffer ad analisti automotive come Michael Schmidt, anticipano nei loro interventi pubblici come il tema della riduzione della CO2 stia diventando un fattore di sempre maggior peso nel plasmare le scelte industriali dei gruppi auto.
L’ampliamento della gamma ibrida plug-in appare tanto più logico per quelle case che, come BMW e Daimler, hanno impostato le scelte della manifattura su impianti altamente flessibili, ovvero in grado di sfornare indifferentemente un modello elettrico o convenzionale o ibrido, invece che puntare su una piattaforma dedicata, come sarà quella MEB alla base della famiglia ID per il gruppo Volkswagen.
Verrebbe però da chiedersi, come mai, se il tema della CO2 è preminente, a fronte degli ultimi peggiorati valori resi noti a gennaio 2019 per la flotta Mercedes-Benz il gruppo di Stoccarda non voglia puntare su modelli full electric invece che ibridi ricaricabili, considerando che a medio termine nel 2025 le norme europee obbligheranno ad un taglio del 15% le emissioni clima-alteranti e del 37,5% nel 2030.
A gennaio, in effetti, i valori della flotta Mercedes-Benz sono stati di 132 g/km (misurato con ciclo NEDC) rispetto alla media a dodici mesi della flotta della stella a tre punte di 125 g/km. Il peggioramento è stato dovuto allo spostamento degli acquisti da versioni diesel a benzina, all’aumento della percentuale di SUV nelle vendite e al maggior numero di versioni trazione integrale consegnate.
La percentuale di veicoli con massa elevata e con motori o trasmissioni più complesse che fanno salire il peso in una flotta è tutt’altro che un dettaglio. Una flotta meno “massiccia” vuol dire obiettivi sulle emissioni più rapidamente alla portata rispetto alle case premium.
Ad Automotive News i vertici europei Kia hanno rivelato che per la casa coreana, che certo ha una gamma meno muscolosa e massiccia di Daimler o BMW, raggiungere gli obiettivi sulla CO2 richiederà vendere circa 40.000 veicoli elettrificati, ovvero una quota dell’8% delle attuali immatricolazioni.
Chi ha flotte dalla caratteristiche ben diverse, a cominciare da Audi, BMW, Mercedes, ma anche Jaguar, Volvo o Lexus non si sta però incamminando in un vicolo cieco: perché specie nella fase di transizione, che anche il legislatore europeo immaginava complessa e a tratti dolorosa, è stato inserito uno scivolo verso una gamma a basse emissioni, uno scivolo basato sul meccanismo dei super-crediti.
In una fase che partirà l’anno prossimo e durerà un triennio le auto a basse emissioni non conteranno come una qualsiasi ma, nel 2020, il doppio, un’auto a basse emissioni sarà valutata con coefficiente 1,67 nel 2021 e 1,33 nel 2022. E la cosa di cui occorre prendere nota è che un’auto è considerata a basse emissioni e quindi in grado di far scattare i super-crediti quando i valori di CO2 emessi siano al di sotto dei 50 g/km.
Al di sotto della barriera appena indicata il meccanismo non fa differenza, in questa fase, tra una full electric ed una ibrida plug-in particolarmente efficiente. Su questo Daimler (e BMW ed altri) contano per gestire in modo efficiente la transizione all’elettrificazione.
Non c’è quindi da meravigliarsi se l’aggiornamento anticipato lo scorso autunno della gamma elettrificata, ma non al 100% elettrica, sia stato solo l’inizio di una dinamica produttiva e commerciale: sotto la denominazione interna EQ Power, come è indicata in Mercedes-Benz la gamma ibrida ricaricabile, c’è più di un ponte tra due momenti, c’è una road map vera e propria per tenere insieme rinnovamento e praticabilità economica.