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Emerge un utile anche dai risultati del quarto trimestre 2018 Tesla

L’ultimo trimestre del 2018 chiuso con un utile di $139 milioni, ma non sembra bastare a scacciare dalla mente degli scettici i dubbi sulla futura domanda per i modelli elettrici californiani

Due trimestri consecutivi con utili sono una novità per Tesla, ma neppure questo sembra bastare per ora a convincere del tutto investitori e analisti che, dopo anni di euforia attorno alla società di Elon Musk, da qualche tempo tendono invece all’atteggiamento opposto, in maggioranza.

Nel trimestre chiuso il 30 settembre il risultato era stato un utile di $312 milioni, mentre a fine dicembre l’utile è sceso a $139 milioni. A ben guardare i dati pubblicati oggi, più promettenti dell’utile sono le cifre che si riferiscono al dato del free cash flow, il valore corrispondente al cash prodotto dalle operazioni tolte le spese in conto capitale: nell’ultimo trimestre è stato di $910 milioni contro gli $881 milioni del trimestre precedente.

Anche i dati dei ricavi sono andati migliorando, grazie a $7,23 miliardi che hanno battuto le stime degli analisti (era $7,08 il totale previsto dai sondaggi), a fronte di un terzo trimestre 2018 nel quale Tesla aveva raggiunto quota $6,8 miliardi.

Dall’annuncio del taglio del 7% della forza-lavoro reso pubblico il 18 gennaio, è quindi cresciuto il pessimismo sulle prospettive di breve periodo della casa di Palo Alto. I problemi appaiono anzitutto il corso azionario che scende a fronte di dubbi sulla domanda per i prodotti di Elon Musk ed un rilevante debito da regolare presto, il prossimo primo marzo.

Una consistente parte degli osservatori sembra convinta che l’azienda californiana stia avvicinandosi a dare quello che può dare, che il meglio sia alle spalle. Non si spiegherebbe altrimenti perché malgrado due trimestri consecutivi di utile e quote di produzione ormai da casa auto e non da piccola startup il titolo in borsa valga circa il 15% meno di quanto valesse negli stessi giorni del 2018, quando su Tesla c’erano più punti di domanda che risposte.

In America Musk deve però fare i conti con la fine imminente degli incentivi alle vendite, già oggi dimezzati, avendo la casa già raggiunto la soglia delle 200.000 auto elettriche vendute oltre la quale i sussidi federali non sono più erogati.

Il picco di domanda delle versioni più costose è alle spalle e le settimane o mesi che mancano all’ingresso in scena della sempre rinviata versione base lasciano incertezza. Nel frattempo in America ed in Cina l’azienda ha iniziato ad offrire sconti.

Con la produzione a Fremont ormai assestata sulle 5.000 Model 3 a settimana e, secondo l’azienda, avviata a 7.000 entro fine 2019, c’è attesa per gli effetti benefici che potranno avere le vendite del più recente modello Tesla in Europa e Cina, mercati finora rimasti a bocca asciutta.

Far arrivare in Europa e in Cina le Model 3 richiede però tempo, e gli eventuali benefici sui conti si vedranno forse nel secondo trimestre del 2019. Musk sostiene di poter continuare a presentare conti positivi per tutto l’anno corrente, anche se l’utile del primo trimestre sarà probabilmente risicatissimo.

Intanto però il primo marzo scade una tranche di obbligazioni convertibili che ammonta a $920 milioni. Musk ha scritto nella lettera agli azionisti di avere abbastanza cash in cassa  ($3,7 miliardi) per affrontare i bondholder. Ma gli impegni si ammucchiano: dai modelli nuovi da sviluppare alle fabbriche da creare, anche se dalla struttura attuale Tesla è convinta di poter spremere oltre 350.000 auto entro fine 2019 rispetto alle 245.ooo dell’anno scorso.

Bond convertibile a parte forse una delle sfide maggiori sarà l’avvio della costruzione della fabbrica nella zona di Shanghai, un impegno che richiederà un investimento complessivo di $5 miliardi. Secondo il sito finanziario Caixin le banche cinesi stanno facendo i salti mortali per creare un consorzio adeguato ad affrontare il compito, ma finora non è ancora emersa la capofila che dovrà interloquire con gli americani.


Credito foto di apertura: AUTO21