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Le case auto vogliono una fetta della torta di Alexa: ma sarà un affare?

Assistenti personali come l’Amazon Echo hanno grande successo, ma la quota di clienti assuefatti allo “shopping vocale” per ora è minoranza, anche in USA

Gli assistenti personali come l’Amazon Echo, basati sul software Alexa, sono popolarissimi, specie, in America. Sono circa cinquanta i milioni di persone che già li stanno usando con regolarità, quattro milioni quelli venduti da Amazon nel primo semestre 2018 e 2,4 milioni quelli del più diretto rivale Google Home.

E tuttavia, secondo quello che indica un report pubblicato pochi giorni fa da The Information, finora quei numeri non si sarebbero tradotti in quotidiano e profittevole business come si poteva immaginare. Ovvero: su cinquanta milioni appena il 2% (circa 100.000 clienti) li userebbe già normalmente per fare la spesa.

Gli assistenti personali, a seguire le indicazioni del report, sarebbero di sovente usati quasi come una radio evoluta in grado di rispondere: cercando la stazione di musica anni ’60 oppure fornendo le più aggiornate previsioni del tempo.

Molto meno spesso sarebbero in ballo come una fonte compulsiva di shopping da casa. Il che, a ben pensarci, non sembra così strano se si pensa alla maggior parte degli acquisti: comprare due pacchi di fusilli della marca di pasta abituale è un conto; se si vuole acquistare invece, ad esempio, uno spazzolino da denti elettrico è meno probabile che si proceda senza averlo visto (e magari preso in mano) prima.

Il successo commerciale di Alexa come motore di business ci interessa perché quello degli assistente vocali virtuali è un settore che ha da tempo inizato ad attirare l’attenzione dei gruppi automobilistici globali.

E Amazon spinge da tempo per incoraggiare gli sviluppatori ad integrare la sua offerta e non quella di Apple o di Alphabet (Google) sulle auto. La società di Seattle ha da poco rilasciato l’Alexa Auto Software Development Kit che permetterà a tutte le case di sperimentarne il funzionamento per creare nuove soluzioni di connettività, con alcune funzioni appositamente studiate per l’impiego in mobilità.

Tra le prime di cui abbiamo traccia, già da prima della realizzazione del kit, ci sono BMW, Daimler, Ford, General Motors, Hyundai, SEAT e Toyota; anche fornitori di componentistica come la Anker e la Garmin si sono messe in pista per aggiungerlo ai loro sistemi.

L’idea per niente nascosta di Amazon come dei rivali è arrivare a gestire meglio di come ci riesca dai sistemi nativi degli attuali modelli (limitati soprattutto alla navigazione e non sempre snelli e robusti) alcune funzioni dalla vettura tramite la voce, per controllare dall’auto casa, ma anche eseguire ricerche online o fare, soprattutto, shopping.

La caccia alla completa attenzione del cliente di turno, o più realisticamente la sua mancanza di alternative quando si trova bloccato nel traffico, è l’unica valida risposta alla domanda: “perché volerlo fare mentre si guida invece che dallo smartphone?“.

Intanto, tra i più attivi nel non volersi perdere possibili opportunità paiono esserci case auto e grandi catene tedesche: a leggere il quotidiano finanziario Handelsblatt, il pubblico di oltre Brennero sarebbe più ricettivo allo shopping che passa dagli assistenti vocali rispetto a quello americano.

Secondo un sondaggio di Capgemini il 64% dei tedeschi hanno usato un assistente vocale di uno dei colossi di internet o dal telefono o da un Amazon Echo o da Google Home. E un altro studio della società di consulenza OC&C sostiene che l’85% avrebbe poi seguito il consiglio di Alexa acquistando il prodotto suggerito.

Di fronte al dubbio che il futuro sia quello della clientela tedesca e non quello del pubblico americano, i grandi gruppi si stanno muovendo per non rischiare di essere tagliati fuori da un potenziale business e ogni casa auto pare ambire ad una fetta della torta.

Così, mentre i colossi del retail e le grandi catene food vogliono evitare che una nuova subdola intermediazione si frapponga tra loro ed il cliente, le case auto paiono avere interesse a creare uno scivolo perché quella intermediazione si verifichi proprio nello spazio fisico e nel tempo (magari il momento da pendolare) su cui hanno una qualche forma di controllo. Con queste prospettive, che ne dite di un bell’abbonamento alla metro?


Credito foto di apertura: ufficio stampa Daimler AG