Vedremo più Cina nella Silicon Valley o Tesla in Cina?
Il gigante cinese di internet Tencent ha pagato $1,78 miliardi per diventare un partner determinante di Elon Musk
Per chi segue il mondo delle auto ad alto contenuto di tecnologia la notizia della settimana è stata quella svelata mercoledì (29 marzo): Tencent ha acquistato 8,17 milioni di azioni Tesla sborsando $1,78 miliardi per avere un pacchetto equivalente al 5% del capitale della compagnia di Palo Alto. Nell’immediato si tratta soprattutto di un’iniezione di capitale fresco che conferisce tranquillità ai programmi immediati ed al lancio della prossima Model 3.
Quando si inizia a guardare alle conseguenze meno immediate, crescono le domande che addetti ai lavori ed analisti sono tenuti a porsi. Anzitutto: si tratta dell’ennesimo esempio di grandi aziende cinesi che cercano di mettere piede nelle tecnologie più promettenti sviluppate negli U.S.A.? Liam Denning, in un post su Gadfly, sottolineava in particolare come Tencent negli ultimi dodici mesi abbia annunciato ben cinquanta accordi per un valore di $20 miliardi.
In lotta quotidiana con le rivali della tecnologia Baidu ed Alibaba, Tencent è anche una punta di lancia degli investimenti dell’impero di mezzo nella Silicon Valley e non solo. In patria è nota anche per aver investito nell’auto di nuova generazione: nella startup FutureMobility (da cui è però uscita, al contrario di Foxconn). Risulta ancora presente oggi nel capitale di Didi Chuxing, la società che ha tolto a Uber la voglia di puntare al mercato del ride sharing in Cina.
L’azienda fondata da Ma Huateng investe massicciamente in intelligenza artificiale e nella guida autonoma. Le dimensioni glielo consentono: vale in borsa $275 miliardi, sei volte Tesla. Ancora oggi è presente nel capitale di NextEV, società di Shanghai che controlla la californiana Nio che punta a produrre (forse insieme alla cinese JAC) vetture elettriche ed autonome, cominciando con la Eve. In California Tencent ha un centro ricerche ed altri investimenti, tra cui una quota in Lyft, il servizio ride sharing che tra gli investitori comprende General Motors.
Talvolta in America l’abituale rivalità tra le aziende cinesi viene messa da parte: in Lyft ha una quota oltre a Tencent anche Alibaba. Mentre in NextEV ha investito insieme a Tencent anche Baidu. La cosiddetta “Google cinese”, che come Tencent ed Alibaba lavora a pieno ritmo in patria sulla guida autonoma, in America insieme a Ford ha messo piede nell’azionariato di Velodyne, forse la più nota azienda produttrice di sensori LiDAR, che molti (ma non Tesla) ritengono fondamentali per far circolare i futuri robo-taxi o robo-camion in piena sicurezza.
La Cina è ormai una esportatrice netta di capitali ed il governo appoggia tutti gli investimenti nelle tecnologie di punta
La serie di acquisizioni ed ingressi nel capitale sociale di aziende americane della tecnologia sembra destinata a non fermarsi. La ragione è che la Cina è ormai una esportatrice netta di capitale, ovvero investe fuori dai propri confini più di quanto vi entri. Il flusso del foreign direct investment verso l’estero ha ormai superato il valore di $100 miliardi. Ma negli ultimi mesi il governo ha iniziato a porre paletti sempre più rigidi agli investimenti irrazionali. Ossia ha bloccato affari miliardari che puntavano a settori non strategici: oggigiorno possono varcare i confini miliardi che vanno a Tesla, non possono se il tycoon di turno punta a cinema o calcio.
Ma quelle partecipazioni che premono alla Cina potrebbero non essere più accessibili nel prossimo futuro. Washington oggi si fa vanto di sostenere energie fossili ed i settori più maturi dell’economia e non è certo a quelli che la Cina pare interessata. Ma di recente in America si valutano con crescente circospezione gli investimenti nei settori all’avanguardia. Finora gli affari saltati che riguardano imprese della Silicon Valley si contano sulle dita di una mano. Ma le cose potrebbero cambiare nella tecnologia come stanno cambiando, pare, nella finanza.
Infatti il mese di marzo si è chiuso con brutte notizie per una consorella di Alibaba: la sua Ant Financial intendeva acquisire il controllo di MoneyGram International, una società finanziaria che si occupa soprattutto di trasferimenti di denaro intercontinentali. Jack Ma, il numero uno di Alibaba, si è visto sbarrare la strada da un comitato del Congresso preoccupato di una eccessiva presenza cinese nell’infrastruttura finanziaria americana. Vista l’attività di MoneyGram, non è da escludere che Alibaba avesse in mente di offrire servizi in particolare alla foltissima comunità cinese della diaspora.
Se questo fosse solo un inizio del peggioramento del clima per gli investitori cinesi in America, c’è da chiedersi cosa potrebbe succedere con una vera guerra commerciale. Perché questo avrebbe speculari ripercussioni sugli investimenti americani in Cina. E l’altra domanda fondamentale che aleggia sull’accordo Tesla-Tencent, come sottolinea Adam Minter nel suo commento per l’agenzia Bloomberg, riguarda proprio il ruolo dell’azienda di Elon Musk in Cina.
Perché se è vero che, dal 1980 in poi, le compagnie straniere sono state invitate a entrare in Cina, per farlo hanno sempre dovuto aprire le porte a partner cinesi. Il mercato auto numero uno al mondo, e il primo mercato per le auto elettriche, sono qualcosa da cui difficilmente Tesla può stare lontana se pensa di raggiungere quei numeri di produzione che giustificano gli investimenti nelle gigafactory.
La Cina vuole per i gruppi nazionali una quota dell’80% dei veicoli a zero emissioni nel 2025 e senza Tencent il mercato per Tesla si restringerebbe
La pianificazione cinese prevede che per i veicoli a zero emissioni la manifattura locale abbia a regime una quota dell’80%. Per puntare ad una fetta rilevante di quel mercato Musk aveva insomma bisogno di un partner e Tencent sembra avere i requisiti giusti. Non solo per i tradizionali buoni rapporti del suo proprietario Ma Huateng con Pechino, ma anche per i possibili sviluppi di business accessibili dalla collaborazione tra le due aziende.
Se Tesla ha una rete di partner tecnologici altamente affidabili, a cominciare da Nvidia e Bosch, non è solo di tecnologia che una casa automobilistica ha bisogno per affermarsi. Altrettanto efficienti deve essere il suo braccio finanziario. Tencent, insieme a Luxfam ed alla già citata Ant Financial, è anche una delle società cinesi più avanzate nella cosiddetta Fintech, la nuova gestione dei servizi finanziari che passa per pagamenti mobili (ad esempio via messaggistica) ma anche servizi più complessi come i mutui e finanziamenti al consumo, anche basati su tecnologia blockchain. Per Tesla, che ha già iniziato ad offrire assicurazioni (in Italia con Quixa) questa potrebbe essere una nuova opportunità per creare valore e giustificare una quotazione di borsa giorno dopo giorno sempre più ottimistica.
Non sarà facile per i gruppi globali dell’auto seguire l’esempio dell’azienda di Palo Alto avvicinando uno dei colossi della tecnologia: le rivali di Tencent hanno già avviato da tempo partnership con società dell’auto. Finora sempre a livello nazionale: Baidu lo ha fatto con Chery (in Europa meglio nota come proprietaria di Volvo) ed Alibaba con SAIC.
Se in Cina tutti i grandi dell’auto sono già presenti, i loro partner attuali operano nella manifattura. Nuove alleanze potrebbero un giorno emergere dalle collaborazioni tra queste e le aziende raggruppate sul delta del Fiume delle Perle. Almeno fino a quando il clima in Cina non comincerà ad essere meno favorevole all’arrivo di soci stranieri, come in qualche caso sta iniziando ad avvenire in America. Il piano del governo cinese noto come Made in China 2025 prevede l’autosufficienza dello sviluppo tecnologico e scientifico dei più importanti settori tecnologici entro quella data, dall’energia ai computer.