OPINIONI

Con l’arrivo dei primi robo-taxi assisteremo alla rivincita dell’ibrido

Con la potenza di computer e sensori delle auto crescono anche i consumi di energia, che spingono verso il “matrimonio” tra guida autonoma e ibride

Batterie con densità sempre maggiore grazie a nuovi catodi, anodi, separatori ed elettroliti. Con l’aggiunta delle meraviglie delle nanotecnologie oppure no, i costi delle celle che terranno in movimento i veicoli elettrici caleranno ed avremo così più autonomia di percorrenza a prezzi gradualmente inferiori.

In questa narrativa si inserisce però un fattore di instabilità. Sì, i guidatori delle prossime generazioni di auto elettriche potranno fare più strada grazie alle future batterie. Ma questo varrà anche per le auto a guida autonoma? Quelli senza guidatori: shuttle o robo-taxi progettati e costruiti per lavorare al Livello 4 o 5 SAE che non richiede pedali o volante né tanto meno autista?

La domanda non riguarda tanto i primi sistemi semi-autonomi di Livello 3, come il Traffic Jam Pilot che potrà assumere il controllo della prossima Audi A8 fino a 60 km/h (là dove il codice della strada lo permetterà) e nemmeno i sistemi di Livello 2 come il Pro Pilot della prossima Nissan Leaf o il Super Cruise che già si può comprare in Nord America sulle Cadillac CT6.

Ma l’interrogativo è legittimo per i sistemi più avanzati che dovrebbero perfino essere in grado, forse entro tra 3-4 anni, di prendere il controllo totale del veicolo. In questi giorni abbiamo infatti capito che Elon Musk aveva peccato di ottimismo nel promettere che l’Hardware 2.0 (o il 2.5) formato di soli radar, telecamere, sensori ultrasonici ed un cervello Nvidia Drive PX2 sarebbero stati sufficienti a portare, abbinati al giusto software, una Model S o X al livello della guida autonoma completa.

Ce lo ha detto Mr. Nvidia in persona, Jen-Hsun Huang, presentando il nuovo Drive PX2 Pegasus, che entrerà in produzione il prossimo anno e sarà il “cavallo” che ci farà galoppare verso la piena autonomia nella mobilità. Ma, come spiegava il titolo di una delle slide della presentazione avvenuta a Monaco di Baviera, i robo-taxi richiedono doti di computazione estreme.

Ed è quello che il Pegasus assicurerà: 320 trilioni di operazioni al secondo. Ma questa capacità, racchiusa in una scheda dalle dimensioni di una targa di un’auto, richiederà energia: 500 watt di energia. Qualcosa che difficilmente sorprende per sistemi più evoluti di quelli che già oggi pare abbiano la possibilità di “digerire” fino a 6 Giga di dati al minuto.

Danny Shapiro, che dirige il settore automotive in Nvidia, col giornalista Bengt Halvorson del periodico specializzato Car and Driver ha puntualizzato che il Pegasus dal punto di vista dei consumi di energia sarà una sorta di miracolo tecnologico sotto questo aspetto: perché consentirà, su un impiego di dieci ore, risparmi fino a 20 kWh.

Si tratta di molto? Si tratta di poco? Dipende da quale automobile prendiamo come metro di paragone. Su una vettura elettrica premium con una batteria da 90 o 100 kWh (come una Tesla Model S o una Lucid Air) sarà quasi certamente un sostanziale passo avanti.

Se invece prendiamo in considerazione auto compatte con una batteria da 60 kWh, come quella della Chevrolet Bolt (in Europa Opel Ampera-e) o della Nissan Leaf 2019, anche con soli 10kWh di pedaggio di energia pagato ai computer incaricati di guidare in permanenza si potrebbe perdere un 20% d’autonomia.

E questo spiega perché fornitori abituali dell’automotive come Borg Warner o Delphi con l’agenzia Bloomberg abbiano sollevato perplessità sulle possibilità di far partire progetti di robo-taxi con auto native elettriche: troppo alto lo scotto pagato sull’autonomia di impiego.

Alla giornalista Gabrielle Coppola il capo del marketing di Borg Warner Scott Gallett ha fatto notare che gli specialisti della Silicon Valley vogliono mettere nei cofani l’equivalente di 50 o 100 computer portatili (a 20 watt di consumo sono da 1 a 2 kW) quando gli uffici progettazione di solito fanno impazzire i fornitori sui consumi di una singola lampadina.

Le Chevrolet Bolt autonome di General Motors vanno controcorrente rispetto al crescente numero di esempi di matrimonio tra guida autonoma e ibride

Che sia questa la spiegazione oppure no, al tirar delle somme, oggi General Motors sembra essere rimasta da sola tra i gruppi auto a lavorare su progetti imminenti di robo-taxi basati interamente su veicoli al 100% elettrici. Può darsi che il giorno in cui vedremo partire regolari corse senza conducente sia davvero vicino e che questo succeda con le app legate al gruppo GM di Maven o di Cruise Anywhere.

Del resto Kyle Vogt e Cruise Automation, la punta di lancia di General Motors nella guida autonoma, hanno appena confermato che non manca ormai niente alle Chevrolet Bolt modificate per la guida autonoma per essere prodotte in serie. La flotta di veicoli autonomi GM attivi sulle strade pubbliche americane è di recente raddoppiata da 40, 50 all’attuale centinaio.

Ma nel passare dalla fase di test a quella commerciale, il perdere minuti di utilizzo dedicati alle ricariche, se queste diventano più frequenti per gli elevati consumi dei sistemi, può rivelarsi uno svantaggio competitivo.

In effetti finora solo il gruppo Daimler, presentando il concept Vision EQ Fortwo, ha anticipato un possibile impiego di robo-taxi nativi elettrici, ma collocandoli prudentemente nel più lontano 2030.

Ci sono sì costruttori che hanno scelto di lavorare oggi su veicoli al 100% elettrici, ma si tratta di chi come EasyMile, Navya o e.Go, produce shuttle autonomi destinati ad essere schierati in particolare in ambienti chiusi e delimitati come campus universitari o aeroporti.

Invece, laddove l’idea è andare verso robo-taxi impegnati su strade pubbliche, specie in ambienti urbani, questa scelta sembra minoritaria. Sono in molti evidentemente a valutare che, almeno nella attuale decade e all’inizio della prossima, sia preferibile un matrimonio tra guida autonoma e ibride.

Waymo, messe da parte le Google-car, oggi lavora coi minivan ibridi plug-in Chrysler Pacifica, il Toyota Research Institute usa da tempo le Lexus ibride, Uber si serve di Ford e di SUV Volvo ibride plug-in. Anche Nvidia per test e dimostrazioni della propria tecnologia si è servita di Audi e di Lincoln (marchio del gruppo Ford) ibride ricaricabili.

Infine, da pochi giorni i vertici Ford hanno confermato che come già previsto i primi veicoli autonomi coll’ovale blu in commercio all’inizio degli anni ’20 saranno inizialmente rivolti al mercato dei robo-taxi; ma questo non avverrà con auto native elettriche ma piuttosto con modelli ibridi. Le auto del futuro saranno elettriche, autonome e connesse, si legge spesso: ma non tutte e tre le cose in una volta sola…


Credito foto di apertura: ufficio stampa internazionale Toyota Motor Corp.