AUTOMAZIONE

Il mondo virtuale Carcraft che nasce dai veri chilometri delle Google-car

L’avanzatissimo software di simulazione dell’azienda californiana è nato per sviscerare ed anticipare tutti i più complessi scenari della vita reale

Se c’è solo un articolo che leggerete questo ultimo fine settimana di agosto e vi interessano i temi dell’auto del futuro, non perdete il monumentale pezzo uscito sull’Atlantic e dedicato al mondo virtuale che Waymo (la società che ha ereditato il progetto della Google-car) ha costruito per far crescere più in fretta i suoi sistemi di guida autonoma: si chiama Carcraft, un nome che è stato ispirato dal video game World of Warcraft.

Per riassumere in breve quello che racconta la testata americana, partiamo dai test reali. I chilometri accumulati dapprima dalle buffe auto di Google e poi dalle Lexus e Prius e più recentemente dai minivan ibridi Chrysler Pacifica, servono a filtrare gli eventi più complessi e difficili da gestire per i software sviluppati per arrivare al Livello 4 e 5 SAE della guida autonoma: i livelli che rendono superfluo l’intervento umano.

Una volta identificati i casi che possono mettere alle corde i sistemi, Waymo ha a disposizione per venirne a capo sia un sito reale in cui effettuare test (soprannominato il Castello, una ex-base di bombardieri B52 nascosta nella California più desolata) sia un mondo virtuale ricreato al computer in cui le simulazioni ripetono ossessivamente, ma produttivamente, le situazioni: appunto Carcraft.

L’approccio del machine learning su cui si appoggia la guida autonoma privilegia la quantità: come i sistemi di riconoscimento visuale o vocale progrediscono all’aumentare dei dati trattati ed elaborati, così avviene per quelli di Waymo.

L’azienda controllata da Alphabet ha così finito per mettere su strade virtuale fino a 25.000 auto contemporaneamente in scenari al silicone che ricostruiscono le città in cui le sue vere auto hanno raccolto dati: Austin, Mountain View e Phoenix.

Come ha scritto Alexis C. Madrigal nel suo pezzo: “Collectively, they now drive 8 million miles per day in the virtual world. In 2016, they logged 2.5 billion virtual miles versus a little over 3 million miles by Google’s IRL self-driving cars that run on public roads“.

Carcraft, questo mondo virtuale creato da un giovane programmatore che si chiama James Stout, punta ad anticipare tutti gli scenari improbabili della vita reale, aggiungendo a ciascuno casi limite: non ci sono problemi su una piattaforma di simulazione di questo tipo ad aggiungere ciclisti su una rotonda fino ad un numero che statisticamente mai capiterà di incontrare.

Quello che Waymo punta ad accumulare non è solo esperienza spendibile nella vita reale, è esperienza per i casi più difficili. Le auto reali dell’azienda americana sono importanti per i chilometri, o a volte solo metri, in condizioni che rappresentano una sfida, non per i chilometri che a Mountain View definiscono noiosi. Identificati quei casi si moltiplicano per centinaia o migliaia di variabili, rendendo più affidabile la simulazione ad ogni iterazione.

A ben guardare non è un approccio diverso da chi ha già spinto al limite la simulazione: l’industria aerospaziale. I super-simulatori di Boeing, Airbus o Dassault non vengono spremuti per replicare ore noiose ad alta quota sopra il Pacifico, ma sottopongono i piloti a test sugli atterraggi e decolli in condizioni insolite ed anche rare in ogni condizione di tempo ed ambiente.

Il settore auto si trova di fronte a scenari più complessi di quelli dell’aviazione: un pilota di linea nel scendere a Malpensa o Fiumicino mai, si spera, si troverà all’improvviso spuntare da una strada laterale un plotone di ciclisti o un gruppo di scolari.

Col passare del tempo Carcraft sta portandosi al livello di affidabilità della simulazione quale oggi è dispiegata dalle aziende della manifattura avanzata, che ormai sono in grado di determinare le capacità dei materiali e dei pezzi da essi ricavati fino a saper dire con alto grado di sicurezza quante volte può aprirsi un cofano prima che la cerniera risenta della fatica.

Nel pezzo sull’Atlantic il direttore di Mcity (il laboratorio dell’università del Michigan specializzato in veicoli connessi ed autonomi) Huei Peng sostiene che lo sviluppo dei sistemi di guida autonoma ormai sarà una combinazione di un 99% di lavoro che passa per la simulazione filtrato da test ben strutturati e e infine messa alla prova in strada. Sembra che in quest’ottica in California di strada, virtuale o reale, ne abbiano già fatta davvero tanta.


Credito immagine di apertura: sito internet Waymo